Resilienza fa rima con psicoterapia?

Parlare di resilienza in psicoterapia rimanda ad una questione molto importante quella dell’efficacia della cura psicologica ovvero degli obbiettivi o se preferite dei risultati che è possibile raggiungere attraverso un percorso di terapia psicologica svolta a lungo termine. Dove per lungo termine intendo almeno sei mesi continuativi di sedute settimanali della durata di 50 minuti circa, in sessioni individuali: giusto per usare alcuni parametri della cura.

La resilienza ovvero la capacità di resistere agli urti della vita senza farsi travolgere dalle emozioni, dai pensieri e dai vissuti che gli eventi negativi della nostra vita evocano, è infatti uno dei risultati “universali” raggiungibili grazie alla psicoterapia.

Ma cosa è la resilienza?

Il termine è stato creato in ambito ingegneristico per indicare la capacità dei materiali metallici, plastici o legnosi di resistere alle sollecitazioni ambientali, dei macchinari o dall’usura, senza farsi scalfire, distruggere o rendere inutilizzabili a causa del logoramento a cui sono stati esposti.

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La resilienza non è dunque la “semplice” resistenza ma è una qualità ben più complessa e se vogliamo più completa, poiché indica non solo la capacità di resistere, ma anche la capacità di mantenere intatte le proprie qualità. Un materiale resiliente è dunque un materiale allo stesso tempo resistente e funzionale.

Ciò che stiamo dicendo dei materiali utilizzati in ambito ingegneristico vale anche per le caratteristiche umane ovvero emotive e comportamentali di ciascuno di noi.

Il termine resilienza è stato, infatti, poi applicato con successo anche alle scienze umane, psicologia in primis, proprio per indicare la capacità umana di resistere agli urti della vita, mantenendo le proprie caratteristiche. Essere resilienti vuol dire sostenere le fatiche emotive a cui per nostra natura siamo esposti, mantenendo intatte le nostre qualità o/e addirittura avere e sviluppare la capacità di riorganizzare la nostra esistenza in modo originale e funzionale al nostro vivere bene.

Se dunque la resilienza è una qualità umana, la domanda importante da porci è: la resilienza può essere appresa o è una dote naturale?

La risposta per niente scontata è che resilienti in parte si nasce. Cioè siamo dotati alla nascita delle risorse emotive, affettive, cognitive e relazionali per adattarci alla realtà, affrontare e superare le difficoltà a cui la vita ci espone. Ma è anche vero che resilienti si diventa, cioè si impara e si apprende a resistere in modo creativo agli urti della vita anche quando siamo stati esposti ad eventi dolorosi e debilitanti dal punto di vista emotivo.

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In che modo si diventa resilienti?

Non esiste via breve per diventare resiliente ovvero capace a vivere gli eventi traumatici della vita senza farsi annientare dalle emozioni o dalle contrarietà. Ma esiste la possibilità di contrastare il dolore e di venirne fuori più fortificati e possibilmente creativi di prima.

Ciò che occorre fare per prima cosa, è non negare la propria sofferenza, bensì renderla visibile a se stessi ed accettarla per quello che è. La consapevolezza del dolore a cui siamo esposti quando incappiamo in eventi emotivamente logoranti e dolorosi, è il primo importante passo per superare gli urti della vita. Porre attenzione alla propria sofferenza permette infatti in una fase successiva e possibilmente grazie al sostengo di altre persone di elaborare ovvero dare un senso a ciò che ci accade. Attribuire significato alla nostra esperienza di vita è molto importante poiché permette di comprendere il nostro ruolo rispetto ai fatti accaduti il che vuol dire ad esempio, evitare dannosi sentimenti di impotenza e solitudine, che spesso sono alla base di ulteriori sentimenti di sofferenza. Questa fase di “significazione” degli eventi è molto importante poiché permette di “osservare” l’esperienza prendendo le distanze dal dolore che ci ha travolti o comunque resi più deboli in quel momento della nostra vita. Questa altra fase di riflessione ci permette di accettare le difficoltà vissute e diventa il punto di partenza per superare consapevolmente il dolore. Attribuzione di significato, osservazione ed accettazione dell’esperienza emotiva interna, permettono nel tempo di riorganizzare la nostra vita interiore, superando lo stato di caos o rigidità creati dagli eventi traumatici e di porsi sul piano delle possibilità che la nostra vita può avere esisti ed evoluzioni differenti rispetto a quelli vissuti a causa di un evento traumatico o/e di una storia di vita dolorosa.

Diventiamo resilienti dunque quando guardiamo il dolore, lo riconosciamo e facciamo di tutto per assegnargli un significato diverso da quello che abbiamo vissuto. Questo processo di elaborazione ci permette di sperimentare mentalmente la “sopravvivenza” al dolore stesso e maturare la consapevolezza che abbiamo le risorse per superare le difficoltà a cui siamo stati esposti e di creare per noi stessi nuovi stili di vita.

In questo senso la psicoterapia è uno spazio ideale per elaborare la sofferenza, guardare il dolore e superare i disagi, costruendo grazie al supporto professionale nuove ed efficaci risorse per ri-costruire il nostro ben- essere sulla nostra resilienza, cioè sulla capacità di attraversare gli urti della vita.